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Monsieur EN.P.
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Recitare - Metodo Stanislavskij

Messaggio da Monsieur EN.P. »

Ho visto molti vostri interventi in video. Siete BRAVISSIMI! Tecnica, abilità manipolative ecc.. ecc.. Non so se mai riuscirò ad eguagliarvi. Vi ringrazio ancora per quello che mi state offrendo.

Leggo gli splendidi interventi di Ruben, guru di quest'Arte meravigliosa e la frase che lui ripete continuamente è: "Dovete impadronirvi delle tecniche, studiare e studiare, SEMPRE. Non ha importanza quale effetto state eseguendo, conta la vostra personalità, come vi presentate e in che maniera presentate le vostre routine" (le parole non sono proprio precise, ma il senso, credo, sia questo).
Sagge e sacrosante parole!!!

Permettetemi, però, da vecchio animale da palcoscenico, di darvi ancora qualche piccola dritta riguardo l'esposizione degli effetti visti in alcuni (non in tutti, s'intende) dei vostri video.
Si denota troppo spesso ansia, insicurezza nella voce, difficoltà ad interpretare il personaggio.
Ho già scritto sull'utilizzo corretto della voce e mi auguro che possa essere giovato a qualcuno. Ora vi lascio qualche "pillola" sulla recitazione. Io seguo da sempre il "Metodo Stanislavskij". Ho studiato anche Grotowski, Brook, Strasberg, Barba, Beck, ma credo che per chi vuole avvicinarsi alla recitazione, all'analisi e alla costruzione di un personaggio, al lavoro sulle emozioni, Stanislavskij resti sempre un buon punto di partenza.

Di seguito vi trascrivo alcuni appunti teatrali che utilizzo nei mie stages. Spero che vi possano tornare d'utilità.
Buona lettura.

Che cos'è il teatro?

E' molto difficile definire un'arte così complessa come quella teatrale.
Nel teatro non esiste, come accade in altre discipline, una legge o, addirittura, un assioma in grado di determinare la sua essenza, fissando limiti, attribuzioni, caratteri o confini.
L'unica certezza, almeno per quanto riguarda la sua etimologia, sta nella provenienza latina (theatrum) o meglio ancora greca ( dal verbo "tzeàomai" che significa "guardare").
Potremo azzardare, forse, che Il teatro è moto perpetuo di un atto creativo continuo.
E', comunque, compito di ciascuno cercare e, magari, anche trovare la propria verità, la propria grande definizione.
Teatro...teatro....semplicemente teatro.
Possiamo prendere in considerazione un qualsiasi spazio vuoto e chiamarlo palcoscenico.
Un uomo che attraversa questo spazio vuoto mentre qualcun altro lo guarda: questo è tutto ciò di cui necessito per dare inizio ad un atto teatrale.
“Il teatro non ha categorie, ma si occupa della vita”.
Con queste parole, uno dei più grandi maestri del teatro contemporaneo, Peter Brook, definisce il senso del fare teatro.
Per molti anni c’è stata la tendenza a credere che il teatro potesse essere suddiviso in classi: popolare, colto, borghese, d’avanguardia ecc...ecc…
Sono stati in molti, purtroppo, coloro che hanno ritenuto che pure la drammaturgia, come del resto qualsiasi altra disciplina artistica, potesse essere catalogata e suddivisa in parti ben distinte secondo la cultura, lo stato sociale e, addirittura, anche in base alla dichiarazione dei redditi degli spettatori.
Il teatro è la rappresentazione della vita, pertanto crediamo fermamente che come nella vita non abbiano da esistere discriminazioni sociali, così il teatro debba diventare, oggi più che mai, un mezzo per comunicare a chiunque il malessere, l’inquietudine, ma anche quelle flebili speranze che ci accompagnano nel nostro vivere quotidiano.
Ecco forse l'unico nostro punto di partenza e non c'è nient'altro di veramente fondamentale: il teatro è la vita.
Tra vita e teatro c'è, comunque, una differenza sostanziale.
Eseguire su un palcoscenico un'azione apparentemente semplice in modo che risulti naturale quanto camminare, richiede tutta la destrezza di un'artista di alta professionalità: "ad una idea si devono dare carne, sangue e verità emotiva, deve andare oltre l'imitazione, così che una vita inventata sia anche una vita parallela, che a nessun livello possa essere distinta da quella reale" (cfr. Peter Brook).
Andiamo a teatro per trovare la vita, ma se non c'è differenza tra la vita fuori dal teatro e quella al suo interno, allora il teatro non ha più senso.
La vita nel teatro è più leggibile ed intensa perchè è più concentrata.
Il nostro compito, pertanto, è di rimuovere tutto ciò che non è strettamente necessario ed intensificare ciò che ci rimane pur conservando l'impressione della spontaneità.
Un lavoro che si potrebbe definire con un termine: compressione.
L'attore deve, quindi, ricercare una scintilla, una piccola fiamma che conferisca intensità ad ogni momento compresso.
Questa sarà la nostra prima missione.


Il lavoro dell'attore su se stesso

Dall'io dell'attore all'io creativo


Ogni attore domina i propri avvenimenti interiori.
Questi avvenimenti possono generare un'espressione utile per poter manifestare la vita emotiva del personaggio.
Pertanto l'attore crea un uomo vivo da se stesso in analogia alle emozioni del personaggio, attraverso:

memorie emotive
esperienze vissute
desideri-impulsi

L'io dell'attore sarà quindi la base su cui si costruirà l'io del personaggio.
Se per esempio avessi da rappresentare Houdini, quale domanda dovrei pormi?
Dovrei chiedermi: "Se io fossi nelle condizioni di (vediamo un po', un personaggio conosciuto un po' da tutti voi....) Houdini che cosa farei?" e non: "devo agire come se fossi Houdini."
Non si tratta di prendere pari pari l'io dell'attore e riversarlo sul personaggio nè tantomeno di compiere il processo contrario.
Dobbiamo altresì colmare la distanza che esiste tra l'io dell'attore e l'io del personaggio e sviluppare e dilatare il nostro io privato a io creativo considerando tutte le nostre possibilità, consce ed inconsce.
Questo è il senso ed il fine del lavoro dell'attore su se stesso.
Abbiamo detto:"...colmare la distanza che esiste tra l'io dell'attore e l'io del personaggio...".
Impresa per niente facile, ma non impossibile.
Saranno le "circostanze date" (ciò che viene indicato dall'autore), le "circostanze storiche", le "circostanze immaginarie" (ciò che noi possiamo immaginare sulla vita del personaggio) che in perfetta alchimia con le nostre memorie emotive, le nostre esperienze e i nostri desideri ed impulsi, susciteranno delle possibilità nascoste e parallele in stretta analogia con l'io del personaggio.
Potremo pertanto assistere alla nascita del personaggio come creatura vivente.
Ricchezza o povertà di quel personaggio e di tutto quello che l'attore presenta sulla scena dipenderà sempre dalla ricchezza o dalla povertà della vita interiore dell'attore.
Il nostro io creativo e la ricchezza della nostra vita interiore si corrispondono.
La strada al personaggio non è identificazione con il personaggio bensì un processo di conoscenza in due sensi e precisamente:
1.conoscenza del personaggio attraverso di sè.
2.conoscenza di sè attraverso il personaggio.


La Verità

E' il punto di partenza del lavoro dell'attore.
Intendiamo come verità interiore:
verità vissuta
verità di emozioni sofferte
osservazione di se stessi e dei processi interiori propri e degli altri.

Un attore deve imparare a vivere in un mondo finto la sua verità, pertanto una verità di dati interiori provoca una verità di emozione.
Verità è ricerca della motivazione vera e giusta delle proprie azioni ed è logico concatenamento di quelle azioni.
E' necessario, quindi che una linea ininterrotta di pensieri veri, sottenda e sostenga la vita e l'apparenza del personaggio.
L'attore è costretto a credere e a costruire una verità in cui poter credere se vuole che lo spettatore gli creda.
Da qui il paradosso dell'attore: un uomo normale può non essere sincero, l'attore, sulla scena, no.


Testo e sottotesto

Non dobbiamo mai passare dalla parola scritta alla parola detta: non dobbiamo mai declamare.
E' compito dell'attore far rivivere le parole morte di un testo pertanto è necessario un processo di trasformazione dalle parole verso pensieri e sentimenti.
Il processo verso il personaggio prevede un'inizio attraverso le azioni fisiche per giungere al sottotesto (tessuto preverbale che sottintende il testo verbale dell'autore) che ci permette una ricostruzione del personaggio stesso attraverso pensieri, immagini, varie linee d'azione.
Insomma, questa è la via al personaggio:

1.Ricerca e controllo dei meccanismi d'azione psicofisici, dei dinamismi interiori.
2.Ricerca dei parallelismi e delle differenze tra carattere del personaggio e carattere dell'attore.
3.Studio del personaggio in se stesso.
4.Stabilire il sottotesto partendo dai parallelismi con innesti di brani di esperienza vissuta dell'attore, scelti per analogia.

(continua... se vi fa piacere)
"Il Vero Mistero Del Mondo E' Il Visibile, Non L'Invisibile" (OSCAR WILDE)
Il teatro di Stefano Paiusco è "misteriosamente" visibile sul sito: www.teatrosette.eu
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Rocco
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Re: Recitare - Metodo Stanislavskij

Messaggio da Rocco »

Monsieur EN.P. ha scritto:(continua... se vi fa piacere)
:nod:
Stavo riflettendo sul concetto di Infinito.
Appuntando i miei pensieri.
Poi, finì la pagina.
Larry
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Re: Recitare - Metodo Stanislavskij

Messaggio da Larry »

Monsieur EN.P., ho trovato molto utili le tue guide, sarebbe bello se continuassi questa sul metodo Stanislavskij! :D
A tal proposito, i concetti che descrivi nel paragrafo "Dall'io dell'attore all'io creativo" sono vagamente inerenti alla maschera individuale? O sono proprio fuori strada?
(Ho aperto un topic nella sezione imparo a tal proposito.)
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